16 Novembre

Il Potere e il Carattere Normativo della Bellezza

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Siamo freschi del 31 ottobre. Anche quest’anno i luoghi sociali hanno assunto le tonalità del macabro. Mi dispiace che tale afflato coinvolga anche i luoghi dell’infanzia. Nulla da dire riguardo agli spazi commerciali, ormai si sa… ma mi colpisce come questa liturgia catturi l’entusiasmo degli insegnanti e degli educatori. In pochi si interrogano sul tipo di impressioni che rilascia sul ragazzo la celebrazione di modelli antropologici tenebrosi e privi di pietà. Ovviamente è tutto un gioco, tutti ispirati e felici.

Ad Halloween così come nel quotidiano procede senza sosta la banalizzazione dell’orrido e al tempo stesso del bello. Si procede al loro uso senza coglierne il senso. Si continua a ignorare il loro potere così come lo si fa con il buono e il cattivo, il vero e il falso. Principi, un tempo considerati l’infrastruttura dell’essere, pian piano sono stati ridotti a concetti meramente intellettuali e subordinati all’interpretazione dell’essere umano. Ovviamente quelli della stanza dei bottoni hanno altra opinione rispetto a gran parte dell’umanità. La vera scienza loro la conoscono. È a noi che impongono modelli ideologici funzionali ai loro interessi. Loro conoscono bene il potere del brutto, sanno che è un principio disgregante, ammaliante ed alienante, che produce un moto di repulsione nei confronti della vita, interrompe l’essere, congela la relazione degli enti e ne frammenta l’unità.

Sanno che il bello è un nemico: esso cura, unisce, illumina sulla natura dell’essere, produce voglia di stare insieme, di vivere e di lottare. Tuttavia, comincia a stufare l’interpretazione puramente soggettiva della bellezza. Anche in ambito accademico si inizia a considerare la bellezza anche in termini oggettivi. Ci si rende sempre più conto che la bellezza, così come qualsiasi oggetto dei sensi, è dotata di una dimensione relativa e di una assoluta. La prima la interpreta di volta in volta come gusto, cultura, moda, interesse, riuscita, giustizia, sensibilità, orrore o qualsiasi altra cosa che ci passa per la testa. La seconda, quella assoluta, la libera da ogni nostra determinazione. Il poeta maledetto lo aveva capito:

Il bello è fatto di un elemento eterno, invariabile, la cui quantità è oltremodo difficile da determinare, e di un elemento relativo, occasionale, che sarà, se si preferisce, volta a volta o contemporaneamente, l’epoca, la moda, la morale, la passione. (1)

Gli antichi non si occuparono della dimensione relativa-soggettiva, che, seppur importante, oggi sembra essere l’unica. Essi si dedicarono alla dimensione eterna della bellezza, quella che le conferisce il carattere universale. Per loro la bellezza è un principio metafisico. Insieme al vero e al buono costituiscono le tre proprietà dell’essere, e non delle opinioni personali. Il kalos, per i filosofi greci, è lo splendore del vero, la sua manifestazione, il suo fiorire, il suo rifulgere, il modo in cui l’uno, l’idea di bene, l’essenza del reale si presenta ai nostri sensi. Nello specifico il bello è la forma ordinata in cui si struttura l’essere nel suo passaggio dall’uno al molteplice, processo che avviene secondo numero, ordine e proporzione e che restituisce ai senzienti il senso di armonia che, a questo punto, in altro modo non si può definire se non percezione sensibile della verità dell’essere. Nella riflessione platonica va colto un fatto estremamente importante per comprendere pienamente il potere del bello: fra tutte le proprietà trascendentali dell’essere la bellezza è l’unica ad essere contemporaneamente percepibile dai sensi e dall’anima, questo la pone in una posizione peculiare rispetto al vero e al bene.

La bellezza sortì questo privilegio, di essere la più percepibile dai sensi e la più amabile di tutte, la sola fra le forme intellegibili ad essere visibile dagli occhi fisici, oltre che da quelli dell’anima e di conseguenza sarà la più amata. (2)

Sulla base di quanto citato, seguono alcune considerazioni inerenti al potere della bellezza:

  • Non facciamo esperienza sensibile dell’essenza del reale se non per mezzo della bellezza.
  • L’essere, attraverso la sua bellezza ci rende innamorati di lui, ci rapisce, ci lega a sé. Attraverso la forma (il bello) siamo sospinti verso la qualità (il buono) e l’essenza (il vero) della vita. È così che la bellezza ci salva.
  • L’estetico, cioè il coinvolgimento al tempo stesso sensibile-spirituale e affettivo-relazionale, è una via imprescindibile per giungere alla verità dell’essere.
  • Il carattere epifanico-contemplativo dell’estetico lo pone in stretta correlazione con la mistica, conferendole quindi uno statuto religioso-spirituale.
  • La bellezza, in quanto manifestazione sensibile dell’essere, ha per noi esseri umani un carattere normativo a cui non possiamo sottrarci.

Ciò detto non s’intende misconoscere l’importanza del bene e del vero, storicamente ampiamente considerati, piuttosto individuare anche il contributo della bellezza nel cammino verso il cuore dell’essere. Processo che vede la partecipazione attiva di tutte e tre le forze. Il ruolo del bello è quello di essere un potente dispositivo di connessione con la realtà, un magnete irresistibile che ci incolla alla vita e ci sospinge verso l’essenza dell’essere, lasciando poi al bene e al vero lo svolgimento della loro parte.

Per Platone il ruolo del bello è molto chiaro. È per amore del bello che si cerca il bene. Il bene è bello, ne siamo affascinati, è la sua bellezza ad attrarci. La bellezza è la ragione della ricerca filosofica, afferma il sapiente ateniese. In realtà lo è anche di quella scientifica. È la ragione di tutto. È per la ragione del bello che desideriamo, agiamo e viviamo. La nostra vita è mossa dalla bellezza, è ciò che ci orienta. Dostoevskij lo esprime in questo modo:

Ma lo sapete, lo sapete voi che senza gli inglesi l’umanità potrebbe ancora vivere, può vivere senza la Germania, può vivere fin troppo facilmente senza i russi, può vivere senza la scienza, può vivere senza il pane, ma soltanto senza la bellezza non potrebbe più vivere, perché non ci sarebbe nulla da fare al mondo! Tutto il segreto è qui, tutta la storia è qui. (3)

È forse per questo che oggi siamo pazzi e disperati.

La bellezza è ciò che ci lega alla vita. È la norma della nostra vita. È il desiderio di bellezza a guidare la nostra condotta. Se ci presti attenzione, quando sei in uno stato di autenticità non è perché te lo dice qualcuno che agisci in modo virtuoso, ma perché entri in contatto con l’intima verità di un fatto, o di una persona, ne cogli la dignità, il senso, la profondità che è così bella da assalirti, e saresti capace di morire per questa. Non a caso, per Platone, la bellezza si pone come elemento centrale nell’educazione etica e politica. Essa, infatti, educa la sensibilità umana, sin dalla tenera età, al riconoscimento e all’apprezzamento del giusto ordine, dell’armonia e della proporzione, così da renderli desiderabili, quindi ricercati anche in ambiti esecutivi da adulti. Se anche noi fossimo stati educati al bello, l’alone macabro del 31 ottobre più che entusiasmo ci procurerebbe un profondo disagio. I film che si guardano la maggioranza dei nostri ragazzi ci recherebbero solo dispiacere. Basterebbe il senso del bello per preservare i propri figli dal culto dell’orrido. Basterebbe il senso del bello per mandare a stendere tutta quella marea social, video, serie tv che li deporta chissà dove. Che dire della sintonizzazione alla semantica del brutto attraverso la neutralizzazione dell’identità sessuale, le mascherine, le regole del distanziamento e quant’altro?

Del resto, sarebbe sufficiente avere il senso del bello per cogliere l’intera bruttezza in cui siamo finiti tutti, la bruttezza delle bugie e di tutti i modelli antropologici e sociali, freddi, iper-razionali, artificiali, a cui ci stanno facendo aderire.

Basterebbe il senso del bello per patire la bruttezza di tutti quegli opinionisti, speaker, giornalisti, politici e maledetti vertici internazionali che ci impongono arbitrariamente il loro modo orrendo di intendere il vero e il bene.

In realtà non abbiamo bisogno di chi ci dica cosa è vero, cosa è bene, casa è bello, cosa è brutto, cosa fare, cosa non fare. Il vero e il bene, dobbiamo capirlo, hanno dei petali. Basterebbe il senso del bello per capire cosa fare.

Il bello ci pone sulla via del bene e del vero, e così facendo, oltre a liberarci dall’ossessione di noi stessi, ci libera dall’oppressione eteronomica. La riflessione dei filosofi greci ci induce a considerare la bellezza al tempo stesso come libertà e norma, entrambe legate al piacere. In essa v’è il diritto implicito delle cose, il taciturno nomos della vita stessa, l’ontonomia, per dirla con parole di Raimond Panikkar.

Il mistero del volto dell’altro, ci insegna Emmanuel Lévinas, è un appello vincolante, Tu non ucciderai! Afferma. Tuttavia è la sua abissale bellezza a svelarci leggi ancora più radicali. È quella bellezza a dire guardami, stai con me, amami.

AUTORE: Jadeli Mabiala Gangbo

Fonti:

(1) Charles Baudelaire, Scritti sull’arte, Einaudi, Torino 1992

(2) Platone, Fedro, Bompiani, Milano 2009

(3) Fëdor Dostoevskij, I demoni, Garzanti Milano 2008


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